Castellana

MICHELINA E LA CASTELLANA

Il 15 agosto di ogni anno, a Volturara Irpina, verso le ore 19:00, si può assistere al passaggio della “Castellana“, una piccola processione devozionale che sfila per le strade del paese. Davanti al corteo una persona regge sul capo una casetta in miniatura a forma di pentagono adagiata su una base di legno le cui pareti sono costruite con ceri bianchi e al cui interno spicca l’icona della Madonna di Montevergine. Questa casetta, ossia la castellana, fino a qualche anno fa, era tenuta in testa da Michelina, una donna volturarese alla quale è capitato di imbattersi in un fantasma dal quale è stata liberata per intervento della Madonna. Ciò che è accaduto a Michelina rientra in quei fenomeni legati all’occultismo e credo che sia un vissuto da narrare in quanto, talvolta, le soluzioni semplicistiche o la negazione di taluni eventi fuori dalla norma non possono essere rigettati a priori o sottovalutati solo perché ridicolizzati da quello scetticismo che invalida la validità o meno di talune storie; di contro un fedele e obiettivo reportage di ciò che è realmente accaduto potrà eliminare tutte le aggiunte e le fantasie che con il passar del tempo si sono accumulate sedimentandosi sull’evento stesso. Tutto ciò che d’ora in poi leggerete è il fedele resoconto della narrazione orale della protagonista.
Correva l’anno 1960. Michelina, allora giovane, abitava in vico Percio di Volturara Irpina. Essendo giunto il tempo del lavoro nei campi la donna si recò con la sorella a dissodare il terreno a “Ló Macchione”, una località della campagna volturarese. Mentre era intenta a rivoltare le zolle ad un tratto la vanga urtò qualcosa di duro nel terreno e tutti gli forzi che ella profuse per farla affondare risultarono vani. Incuriosita, tolse la coltre di terra intorno a quella cosa dura e vide una base come di cemento levigata e consistente. Ancora più incuriosita e usando la zappa a mo’ di piccone ne sfondò la base e scorse uno spettacolo di ossa che giacevano in quel luogo chissà da quanto tempo. Presa da incontrollabile paura a gran voce chiese aiuto e, al risuonare delle sue grida, un po’ di gente accorse e, tra la gente, un tale di nome Quirino disse: “Queste sono ossa umane. Occorre andare subito in caserma ad avvisare i carabinieri per farle rimuovere”. Si andò ad avvisare i carabinieri i quali si recarono sul posto, prelevarono le ossa, le depositarono in una scatola di cartone (di quelle che i pacchi di pasta) e le portarono al cimitero. Michelina, da buona cristiana, per non lasciare le ossa in siffatta condizione, fece approntare dal falegname una cassettina di legno, andò al cimitero, adagiò le ossa nella cassettina e la depose nell’ossario comune. Sembrerebbe tutto normale; intanto in paese si mormorava che quelle ossa erano di un soldato caduto in guerra, fatto questo mai confermato dalla donna che parla solo di un uomo. Le stranezze cominciarono nel 1961, anno in cui Michelina si sposò e il marito emigrò in Svizzera. Al sesto mese dal matrimonio una serie di eventi al di fuori della norma investì la donna. Ella narra che una sera, mentre era a letto, vide un uomo aggirarsi per la stanza; pensò fosse suo marito (cosa impossibile poiché era in Svizzera) e si alzò per abbracciarlo, ma l’uomo si mise a correre per la stanza. Lei gli corse dietro per un bel po’, poi, stanca di tutto questo correre accese la luce e restò interdetta alla constatazione che quell’essere non era suo marito. Tutto ciò durò circa due ore e, il fantasma, una volta manifestatosi, le creò una lunga serie di disturbi: occultava le lettere che lei scriveva al marito, le stava accanto notte e giorno, le impediva di muoversi o di uscire di casa; insomma, ne faceva di tutti i colori con i suoi passi, i suoi soffi, i cassetti che si aprivano e si chiudevano da soli…
Giunse il 1962, anno in cui Michelina partorì il suo primo figlio e il fantasma si accanì anche sul il bambino che al compimento del suo secondo mese non venne più trovato nella culla. La donna disperata lo cercò per tutta la casa e, più non lo trovava più l’ansia e lo sgomento crescevano in lei.
-Addó lo trovo? Addó l’à portato – ? (Dove lo trovo? Dove l’ha portato?) si chiedeva la donna continuando a girare per casa affannandosi e con la paura che le aumentava ad ogni passo. Dopo tanto cercare lo scorse dietro alla porta d’ingresso: “jéttato ‘ntèrra, tutto spuórco, chi no sciata” (il bambino giaceva bocconi a terra, era tutto sporco e mostrava evidenti segni di asfissia).
I dispetti si susseguirono ancora e un’altra volta trovò il piccolo sotto il letto o, ancora, chiuso in un cassetto del comò. Il fantasma, dopo i fatti accaduti al bambino, parlò a Michelina e le disse di trovarsi in un luogo buio. Lei, allora, comprò dei ceri dei quali alcuni avvolse in un panno, altri ve li cucì e si recò al cimitero con la suocera. Arrivate al cimitero le donne scesero nell’ossario e Michelina depose sulla cassettina contenente i resti del defunto il panno con i ceri, li accese e fece ritorno a casa insieme alla suocera. Giunte che furono a casa, però, non riuscirono ad aprire il portone perché il panno in cui erano stati avvolti tutti i ceri, anche quelli cuciti, e che era stato adagiato sulla cassettina contenente i resti del defunto, ora era incastrato sotto il portone di casa che a causa di ciò non si apriva e non permetteva alle donne di rincasare. La suocera, che aveva sempre manifestato scetticismo e incredulità verso ciò che Michelina diceva di subire, restò scossa. Michelina racconta:
-Due mesi dopo la nascita del mio primo figlio, visto quello che accadeva e visto che tutti mi credevano matta, decisi di raggiungere mio marito in Svizzera.
-Quanno steva a la Svizzera stéva male, nommé poteva move, nó’ poteva ascì mango ‘nnanti a la porta cà no’ ‘mmé lo permetteva. Sulo a la sera, quanno quacche bòta maritemo poteva portà ‘né poco r’acqua santa, sùlo allora ‘mmé poteva move. (Qui fu ancora peggio perché l’entità mi costringeva a una immobilità assoluta. Mio marito solo a sera poteva recarsi in chiesa a prendere un po’ d’acqua santa e portarla a casa. Quando arrivava l’acqua santa l’entità si allontanava da me e io mi potevo muovere; non sempre, però, mio marito poteva recarsi in chiesa a prendere l’acqua santa e allora erano guai). Ah, ch’aggio passato le prime vote! (Ah, cosa ho passato le prime volte!).
Il marito la interrompe per dire: -Una sera, non potendone più andai fuori dai gangheri:- Dov’è, mostramelo, fa’ che lo veda anch’io questo fantasma, dov’è, non lo vedo, non lo tocco, vorrei vederlo anch’io, ma non lo vedo; fallo vedere anche a me, fammici parlare, mostrami dov’è. – Lei mi rispose: -Eccolo è qua, è vicino a me, eccolo è qua, lo vedi-?
L’uomo nel ricordare si accalora, mima con gesti della mano l’atto di voler toccare, afferrare qualcosa; poi apre le dita come a voler dire:- Ecco, vedi, non c’è assolutamente niente così come niente a me era dato di percepire. È come se stesse rivivendo con tutte le emozioni e le paure la scena, poi continua: – Una sera, rientrando stanco dopo il lavoro, notai subito che mia moglie era in quella sorta di malore provocato dal fantasma e, non sapendo più che fare, mi disposi ad andare a letto. Eravamo alloggiati in una baracca e mi ero coricato nel letto posto in prossimità della porta d’ingresso. Mi ero appena infilato nel letto quando udii mia moglie ordinarmi con un tono secco e imperioso di alzarmi. Mi alzai e vidi che mia moglie continuava a parlare da sola; tesi le orecchie e quello che riuscii a percepire era che lei era in comunicazione con la Madonna di Montevergine e con il Beato Giulio e che la Madonna le stava promettendo di graziarla -.
Michelina, a questo punto, interrompe il marito per affermare che molte volte, in Svizzera, ha avuto contatti con la Madonna. La donna narra:
-La Maronna à vinuta a la Svizzera a dà ‘mmé e m’à ditto: Non tè métte paura cà nó’ muori, però, rice, t’ àia mantène. M’àia chiamà int’à ló pensiero: ‘Maronna mia’; ma ammé nó ló poteva rice: ‘Maronna mia’, ‘mmé venevano lé sorate e nó la poteva rice sta parola. Allora jéssa s’assettão ‘ngoppa a ló liétto vicino ammé e io accussì into à ló pensiero: Maronna mia’, e scompareva tutto; n’àto secondo e ‘n’àta vòta. N’àta võta ricio: – So’ stanca! Viri quanta montagne àggio fatto mmiézzo a sé valle Ammé tremätti tre ghjuórni. La viriétti ‘mpersóna, ‘mmé ricio ré ì a Montevergene. Ammé la Maronna ‘mmé venéva ‘nzuónno e ‘mmé parlava-. Il vernacolo tradotto vuol dire:
La Madonna è venuta in Svizzera da me e mi ha parlato; mi ha detto di non aver paura perché non sarei morta, ma avrei dovuto essere forte, avrei dovuto chiamarla Madonna mia’ nel pensiero. Io non potevo pronunciare mentalmente tali parole perché stavo male e sudavo tutta. La Madonna allora si è seduta sul letto accanto a me e solo così sono riuscita a pronunciare mentalmente l’invocazione ‘Madonna mia’. Il fantasma cattivo è scomparso, ma passati pochi secondi, tutto è ricominciato come prima. Un’altra volta la Madonna mi ha detto:- Sono stanca! Vedi quante montagne ho valicato in mezzo a quelle valli – ? Dopo questo episodio sono rimasta a tremare per tre giorni. La Madonna l’ho proprio vista in persona, era una figura di donna imponente, non ho le parole giuste per descriverla, ma era così bella! M’ha detto di andare a Montevergine. Molte volte la Madonna mi è venuta in sonno e mi ha parlato.- Michelina afferma che molte volte, in Svizzera, ha avuto contatti con la Madonna e che la Santa Vergine l’ ha rassicurata dicendole di non aver paura perché l’avrebbe salvata. Dopo questi episodi i coniugi asseriscono che la loro vita ha avuto un periodo di quiete durato tre mesi. Una sera, però, l’uomo torna dal lavoro e trova la moglie in uno stato pietoso: era tutta nera e mostrava evidenti segni di soffocamento. L’uomo cominciò seriamente a preoccuparsi soprattutto quando la senti affermare:
-Stavota m’à pigliata pé la óla je ‘mmé né voleva pròpio portà; àggia avuto fa forza (questa volta m’ha preso per la gola e me ne voleva proprio portare ossia ha proprio tentato di uccidermi, ho dovuto fare forza per non soccombere). Il fantasma, dunque, questa volta ha preso la donna per la gola e se lei non avesse lottato con forza sarebbe deceduta per strangolamento. Ciò è accaduto tra il 6-7 agosto del 1963. I coniugi decidono di tornare in Italia e il 10 agosto dello stesso anno sono di nuovo in patria. Michelina va ad abitare con la madre in località “Folettole” (zona di campagna appartenente al Comune di Castelvetere sul Calore) e il marito riparte per la Svizzera. Il fantasma in questo luogo è più attivo che mai con i suoi atti perturbatori tant’è che il giorno in cui la donna si recò ad attingere l’acqua al pozzo fu solo grazie all’intervento della madre, accorsa alle sue grida, che riuscì a salvarsi dall’ annegamento: il fantasma voleva ad ogni costo spingerla nel pozzo. La donna era letteralmente terrorizzata. Nell’entroterra la notizia divenne cronaca. Qualcuno cominciò a credere, qualche altro a pensare che la donna fosse più matta che mai e intanto versioni contrastanti si narravano dell’accaduto. C’era, però, chi credeva e più di tutti furono i consanguinei i quali si industriarono e operarono affinché questa sorta di macabra manifestazione, che stava assumendo il carattere dell’abnorme, cessasse. Arrivò così il natale del 1963. Si fece tornare il marito dalla Svizzera e la coppia decise di recarsi in pellegrinaggio a Montevergine. Dopo il pellegrinaggio il marito ripartì e Michelina, accompagnata dalla madre, si recò a Montoro Superiore da una fattucchiera la quale decretò che la donna era vittima di una ‘fattura’ e le ordinò di andare a versare cinque litri d’olio nel mare di Salerno e di affogarvi sette polli vivi; le ordinò anche di camminare a piedi in quattro direzioni diverse per quattro giorni. Michelina esegui fedelmente i consigli ricevuti. Si recò ad affogare polli e versare olio nel mare accompagnata da quattro persone diverse (la madre, la suocera, uno zio e una zia); poi iniziò il cammino su per parte dei monti di Volturara Irpina, Montella, Montemarano e Chiusano di San Domenico. Tornò il marito dalla Svizzera e si recò dalla fattucchiera per pagarle la prestazione. Grande fu il suo stupore quando constatò che la maga, pur non avendolo mai visto, subito lo riconobbe e gli disse che sua moglie avrebbe continuato a vedere qualcosa per almeno altri due o tre anni. I due coniugi, intanto, si trasferirono in zona Lenze’, una località della campagna volturarese, poi l’uomo tornò in Svizzera. Giunse l’anno 1964, anno in cui Michelina preparò e compì il primo pellegrinaggio in onore della Madonna di Montevergine. Il 17 agosto organizzò la prima ‘Castellana’ e a piedi, con un po’ di gente al suo seguito, si recò in processione alla volta del Santuario. Quando i monaci benedettini videro arrivare questa sorta di piccola processione non guardarono di buon occhio né Michelina né le persone che l’avevano seguita e si mostrarono molto contrariati. Quando, poi, la donna mostrò la volontà di voler entrare nel Santuario per percorrere un cammino insolito, ossia recarsi in un luogo del Santuario inaccessibile ai più, i monaci cercarono in tutti i modi di respingerla e mandarla via. Michelina racconta:
Ricordo la prima volta che mi recai in pellegrinaggio a Montevergine e manifestai ai monaci il pensiero, dettatomi dalla Madonna, di accedere là dove Lei è presente. I monaci fecero di tutto per sbarrarmi il passo, anche loro mi presero per un’esaltata, ma alla fine mi lasciarono al mio destino. Così, guidata da Lei, seppi come e in che direzione muovermi, seguii la via. Era una via buia e ho dovuto oltrepassare tre porte. Quando giungevo in prossimità di queste porte, che erano chiuse, le vedevo aprirsi da sole. Una certa trepidazione era dentro di me: il luogo che attraversavo era buio, ma continuavo a percorrerlo con fiducia e così arrivai dov’era la Madonna. Solo là c’era un po’ di luce. La Madonna vera è in un luogo del quale non posso rivelare l’esistenza. Ogni anno, quando mi ci reco, faccio molta attenzione affinché nessuno mi segua. Or, siccome non devo manifestare il cammino che compio, divento molto guardinga e circospetta, ma la paura che qualcuno possa vedermi mi mette addosso un’ansia e una preoccupazione tale da farmi ritrovare alla fine tutta sudata. Ora i monaci certe volte mi guardano quando vado dalla Madonna, ma adesso mi lasciano tranquilla, non fanno più le storie della prima volta. La prima volta sono rimasta a colloquiare con la Madonna un’ora e mezza. Ora posso rimanere con Lei solo un quarto d’ora, di più non lo sosterrei. Ricordo la prima volta: la Madonna mi parlava e io ascoltavo. «Ammé, la prima vota, la Maronna ‘mmé vinivo ‘nzuónno, la verévo ‘mpérsona e ‘mmé parlava; ammé la vào a trovà la Maronna e quanno vào m’addénocchio je la Maronna m’allonga la mano ‘nnànti». (La prima volta la Madonna mi venne in sogno, la vedevo come si vede una persona e mi parlava; ora quando la vado a trovare mi inginocchio e Lei mi tende la mano). Mi ha detto e parlato di tante cose che io nella mia ignoranza non so ripetere; mi ha detto di stare calma perché Lei stava sempre accanto a me, di chiamarla sempre nel pensiero perché mi avrebbe aiutata ogni qualvolta ne avessi avuto bisogno. La Madonna ha sempre aiutato sia me sia mio figlio; mi ha detto di andare da Lei non il 17 agosto ma il 15 perché tutti avrebbero dovuto vedere la grazia che ho ricevuto-
Le parole che la Madonna pronunciò quando chiese lo spostamento della data del pellegrinaggio furono: -Ara minine la sera ré li quattuordici che ànna veré la ‘razia chi l’aggio fatto, anna veré só pellegrinaggio rà Volturara. (Devi partire la sera del 14 per essere al santuario il 15 mattino perché tutti devono vedere la grazia che da me hai ricevuta).
Durante il primo pellegrinaggio il fantasma non ha cercato di fare del male soltanto a me, spingendomi indietro invece di farmi salire, ma anche a mia madre che è stata gettata in una cunetta e si è spaccata la fronte. Se non era per la bontà delle persone, che sostenendomi a braccioni mi hanno permesso di raggiungere il Sacro monte, soprattutto a partire da Ospedaletto D’ Alpinolo, non sarei riuscita a raggiungere la Madonna nel Santuario. Avevo in braccio anche il mio primo bambino quello che ha subito quelle brutte cose. Quando passavo `le male cose’ (cose cattive) mi cucirono un vestito da morta che non ho mai indossato. Mi feci cucire un abito votivo della Madonna e quello tenevo sempre addosso. L’abito da morta abbiamo dovuto metterlo davanti al corpo del beato Giulio e mio marito aveva l’incarico di tener pulita la cappella dello stesso. In questa cappella c’era anche la foto mia e di mio marito. Ora di tutto questo non è rimasto più nulla. I monaci hanno cambiato tutto -.
Pur se i padri benedettini hanno cambiato tutto, Michelina non è mai cambiata. Ogni anno organizza la ‘Castellana’ che puntualmente la sera del 14 agosto, dopo aver percorso le strade principali di Volturara per raccogliere fedeli e offerte, se ne va a piedi alla volta del Santuario. L’ascesa alla montagna, nel cuore della notte, vede questi pellegrini cadenzare i loro passi con preghiere e impregnare l’aria di molteplici canti in onore della Vergine. È all’insegna di una grande e fervida devozione che si affronta il viaggio. Una volta al Santuario (mattina del 15 agosto) si partecipa alla funzione della Santa Messa cantata che, per l’occasione, è celebrata dal vescovo e, a messa finita, Michelina compie la sua visita misteriosa. Al ritorno da questa visita si reca in sacrestia per lasciare al Santuario sia un dono preparato con le offerte che denotano la partecipazione del popolo volturarese, sia il denaro rimasto dalla preparazione del dono; poi tutti si torna a casa in autobus oppure in macchina. I doni al Santuario sono ogni anno diversi: una volta una stola, un’altra un banco per l’originaria cappella della Vergine, un’altra ancora una tovaglia per l’altare… Ancora oggi si può vedere, nell’originale cappella della Madonna, sul banco regalato la scritta: Con offerte raccolte tra i fedeli del pellegrinaggio di Volturara dalla signora Percio Michelina. Addi 1966.
La donna nei pressi della sua abitazione ha fatto costruire prima una e poi una seconda piccola cappella in onore della Madonna per ringraziarla della grazia ricevuta e ogni anno in settembre si premura di farvi celebrare una Santa Messa da un monaco che arriva espressamente dell’ abbazia di Loreto. Per l’occasione Michelina mette sull’altarino della cappella una tovaglia, frutto delle offerte sue e dei devoti. Durante la celebrazione della Santa Messa, al momento dell’elevazione non fa mancare piccoli fuochi di artificio e vorrebbe tanto anche il suono di una banda ma, a causa delle sue modeste possibilità, questo desiderio non può soddisfarlo. In quel di Lenze Michelina è vissuta circondata dall’affetto dei suoi cari fino al momento del suo decesso avvenuto nell’aprile del 2015. La tradizione della Castellana continua a tutt’oggi ad opera di una delle sue figliole.

FONTE: “DECIFRARE UN AMBIENTE. LEGGENDE, MAGIA, RELIGIONE, TRADIZIONI, STORIA DEL POPOLO DI VOLTURARA IRPINA”- Nicolina C. Catarinella.

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